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La lezione del signor Trömbhon


L
A LEZIONE DEL SIGNOR TRÖMBHON

Cari amici, le vicende che sto per narrare possono apparirvi inverosimili ed io
medesimo esiterei a crederle reali, se non fosse che, avendovi assistito di “persona
personalmente”, posso purtroppo garantire sulla loro bontà.
Altri potrebbero testimoniarlo, ma non troverete cenno in alcun posto se non in queste
pagine, poiché un’intesa silenziosa e subitanea nacque tra i presenti, dettata dalla natura
umana la quale è assai propensa verso quell’illusione del tacere sulle brutte cose come miglior
tentativo per obliarle.
Del resto, anch’io soggiaccio a tale debolezza così che, nonostante la mia esperienza di
vita vissuta, è stata dura riprendermi dalle m dall’emozioni che ancora suscitano in me i
ricordi di quegli episodi scabrosi; ma, animo, farò del mio meglio.

      Correva l’aprile dell’anno 2016 - quanto è vero: sono solo pochi giorni fa eppure il desiderio di oblìo mi fa collocare inconsciamente le vicende in un’epoca illusoriamente più remota - ed in quel di San Marino di Bentivoglio, ad una manciata di chilometri da Bologna, si disputava il Campionato Regionale Assoluto di Scacchi dell’Emilia-Romagna.

      Tutti voi conoscete la mia passione per il nobil giuoco, onde per cui mi recai nel luogo di appuntamento con estremo piacere, certo che, sebbene impossibilitato a partecipare alla competizione, avrei tratto in ogni caso diletto dal frequentare tale importante palcoscenico.

      Il percorso fu accidentato, poiché smarrii più volte la strada, ma ciò, pensai, è normale, a causa dell’ancora scarsa conoscenza dei luoghi; solo adesso, nel rimembrar, comprendo i funesti segnali premonitori che si paravano sul cammino.

Il lieve malumore causato dal ritardo lasciò il posto all’entusiasmo non appena varcai il grande cancello d’ingresso: sperduto nelle campagne bolognesi si stendeva il magnifico parco della dimora tardo rinascimentale che ospitava l’evento.

Alcune foto potranno                  figura 1

aiutarvi a comprendere cosa intendo.

1. Stemma con informazioni; 


2. Particolare del fronte;


3. Visuale del retro;


4. Ponte sul lago artificiale;



5. Particolare del retro.

 

      Il favorevole clima primaverile e la quiete del posto invitavano ad approfittare di quegli immensi prati, unendosi a quei fortunati che già godevano rilassanti passeggiate sui sentieri che conducevano al laghetto o a quelli che degustavano delizie del posto. Ma tutti voi conoscete quella sottile tentazione di Caissa, il cui richiamo diviene sempre più forte man mano che ci si avvicina ai tavoli da gioco: così mi congedai dall’incantevole panorama per infilare la porta della dimora padronale, non senza aver notato un cartello dissuasivo, forse ennesimo segnale, che autorizzava l’ingresso per i soli partecipanti al torneo.

      Con ancora negli occhi le bellezze architettoniche e naturali dell’esterno, rimasi perplesso dall’assortimento dell’ambiente interno: infatti, il visitatore veniva accolto da alcuni poster e totem ultramoderni che troneggiavano al piano terra e che illustravano la storia antica di quelle mura rurali e signorili e quella attuale di museo dell’arte contadina.

     Ancora una volta mi liberai dalle distrazioni individuando una larga scalinata, i cui gradini testimoniavano il passare del tempo e che conduceva nelle stanze del primo piano dove già regnava la musica dei tornei: quel tipico silenzio rotto di tanto in tanto solo dal tasto di un orologio da gioco.

     A sinistra si apriva l’ala ovest, dove erano alloggiati il torneo regionale giovanile, quello per i giocatori non classificati o con Elo basso, la sala analisi ed alcune stanze vuote; a destra, nell’ala est, si svolgeva il torneo principale; tra i due, nell’atrio, con superba collocazione strategica, era piazzata la postazione arbitrale, le bacheche informative, alcune sedie per i fortunati visitatori non redarguiti dal cerbero servizio d’ordine della tenuta, tra le cui fila spiccavano alcuni esemplari strappati al ring.

    Il desiderio smanioso di gironzolare tra i tavoli dei maestri non mi fece badare ai presenti nella sala centrale, tanto che mi ritrovai già ad osservare una strana posizione di mediogioco su una delle scacchiere laterali, a metà sala, nei pressi di un affresco mal conservato. Nelle prime postazioni, i migliori approfittavano dell’usuale favorevole sorteggio del primo turno per avvantaggiarsi; chi con una formidabile posizione d’attacco, chi in pratica giocando con il solo incremento dei trenta secondi a mossa senza intaccare i novanta minuti della cadenza prevista.

     Dopo pochi istanti di presenza in quell’habitat prediletto, l’agitazione già scompariva lasciando il posto ad una placida soddisfazione. Decisi allora di osservare meglio la dimora e cercare informazioni sui tornei, traendole dalle tabelle esposte e dai visitatori che parlavano con voce sommessa nell’atrio.

     Gli errori di percorso prima e la smania poi rischiavano di causarmi un brutto scherzo: per poco non mi avevano fatto perdere una delle rare occasioni di vedere insieme un quartetto di personaggi di prim’ordine. Fortunatamente, dopo aver partecipato alla cerimonia di inaugurazione, avevano deciso di intrattenersi ancora nella sala centrale, così mi ritrovai gomito a gomito con il giovanissimo e plurititolato GM ucraino Romanenko, l’estroso MI serbo Pinovic, il FM svizzero La Place e l’arbitro internazionale messicano Manteraña. Assieme ad essi, senza timore alcuno, ragionava di scacchi uno sconosciuto, che mi fu indicato come signor Trömbhon.

     Costui era destinato a diventare, in quei pochi giorni del torneo, il protagonista assoluto dell’evento, tanto da oscurare sia i giocatori che duellavano sulle scacchiere sia i suddetti personaggi d’élite.

    Mi sono concesso una piccola pausa prima di continuare queste memorie, ma il breve sonno indotto dal tepore stagionale ben presto si è popolato del solito incubo che mi accompagna da qualche giorno a questa parte: da un luogo vicino ed allo stesso tempo indefinito sento giungere dei tonfi sordi ed i gemiti lamentosi di qualcuno. Poi mi sveglio spaventato e, quel che è più strano, dolorante. Prima o poi troverò una spiegazione anche a questo, intanto ritorniamo alle vicende che vi narravo.

    Ecco, è apparso sulla scena il signor Trömbhon; era venerdì 22 aprile e la sua prima prodezza fu dimostrare al pubblico che si aggirava nell’atrio, tra cui i suddetti Maestri, come nella tal scacchiera (coincidenza proprio quella che aveva attirato il mio interesse) il Nero potesse raggiungere velocemente con una serie di cambi un finale vincente di Alfieri di egual colore, con vantaggio di due pedoni passati e uniti.

    A partire da quel momento, gli inesorabili giudizi del signor Trömbhon, ma soprattutto la loro inesorabile esattezza, accompagnarono tutti i momenti salienti della manifestazione, senza che alcuno potesse opporre la minima resistenza concettuale. Gli spettatori rimanevano sconcertati dall’abilità con cui l’oscuro personaggio soggiogava le analisi dei professionisti - che intanto avevano rinunciato ai loro programmi per combattere tra le mura di quell’antica dimora un’insolita sfida teorica con il signor Trömbhon.

    Ben presto, si radicò la certezza che costui facesse parte dell’entourage del campione del mondo Carlsen, come del resto sembrava tradire il suo nome di vaga origine norvegese, e che si beffasse degli ignari presenti nascondendo la sua vera abilità, dispensata a piccole dosi.

    Ora, è risaputo che di fronte a tutti i fenomeni inspiegabili gli esseri umani cedono alla fantasia, ma per quel che può valere la mia opinione il signor Trömbhon poteva essere tutto fuorché norvegese. Piuttosto un italiano ed infatti l’aspetto era mediterraneo: alto e magro, occhialuto, con i capelli corti punteggiati da una precoce canizie, vestito in maniera semplice e sportiva e senza dubbio di foggia italica. Quel che più conta, poi, era senz’altro il suo accento che tradiva chiare origini meridionali.

Nelle foto 6 e 7:

particolari della sala da gioco del torneo principale.



     Intanto i tornei proseguivano come da calendario.

     Nell’assoluto regionale, dopo i primi turni, la testa della classifica era appannaggio dei favoriti della vigilia: i FM Brancaleoni Gilevich, Malfagia, insieme con il M Calavalle. Così che era facile prevedere che tutto si sarebbe deciso nei succes-sivi scontri diretti.

    Tuttavia, dovevano contribuire a ingarbugliare i giochi alcune 1N che di tanto in tanto riuscivano a strappare una patta ai suddetti.

    In particolare, spiccavano gli under 16 Mirri, Marzocchi e Silvia Scarpa. Quando al quarto turno il M Calavalle imponeva la patta al FM Gilevich, ormai il podio finale era prevedibile, a meno di grosse sorprese.

    Ed il norvegese mediterraneo? Ogni giorno, egli aveva fatto del suo meglio per guadagnarsi le simpatie dei presenti, e soprattutto dei Maestri, ridicolizzandoli sistematicamente: così lo stesso venerdì 22, l’arbitro Manteraña pronosticava una sconfitta per carenza di tempo per il tal giocatore con i Neri ed il signor Trömbhon lo surclassava facendo intendere tra le righe che tutti potevano guardare lo schermo dell’orologio, ma chi aveva notato la sagace strategia del Bianco mentre applicava il metodo psicologico di Lasker di condurre il gioco verso posizioni apparentemente scialbe, ma sgradite all’avversario?

     Sabato 23 fu la volta del FM La Place, il quale, osservando una partita degli ultimi tavoli, auspicava un sacrificio per dare il via ad un attacco violento contro il Re, ma paternamente il signor Trömbhon lo ammutoliva ricordandogli alcuni princìpi basilari: non aprire il gioco e non cercare il confronto in condizione di svantaggio di sviluppo.

     Domenica 24 toccò al MI Pinovic, che, come suo solito, saliva in cattedra quando la partita contesa sembrava richiedere una soluzione tattica; questa volta il signor Trömbhon imperturbabile dichiarava correttamente che la maniera migliore di trattare la posizione per il giocatore in vantaggio sarebbe stata quella di consolidarsi. Perfino il GM Romanenko ebbe la sua parte: la mattina di lunedì 25, nel corso dell’ultimo turno, egli parteggiava chiaramente per un non classificato che disputava il torneo per prendere la categoria. Costui seguiva le lezioni private del portento ucraino e stava dimostrando che sapeva ben applicare quanto imparato, quando il signor Trömbhon sentenziò il crollo del pupillo di lì a qualche minuto, in quanto - egli sosteneva - del suo precettore aveva carpito sia l’abilità sia purtroppo anche la leggerezza nel trascurare di alimentarsi durante il gioco. Manco a dirlo, alla mossa successiva il povero non classificato metteva in presa la Donna, che veniva catturata gratuitamente, con scacco ed attacco doppio ad una Torre sospesa.

    Soverchio aggiungere che dalla probabile vittoria del torneo egli scivolò in sesta posizione, fuori dalla zona premi.

    Per farvi comprendere il livello di esasperazione di scacchisti ed accompagnatori, vi illustrerò un piccolo retroscena, poi rivelatosi decisivo, proprio dell’ultimo giorno: uno dei presenti, nella parte del complice, cominciò a confrontare i suggerimenti del signor Trömbhon con quelli del motore scacchistico Houdini, e quando per l’ennesima volta essi combaciarono ciò sembrò la dimostrazione incontrovertibile della truffa in atto.

     L’ignaro signor Trömbhon fu sprezzantemente invitato a farsi perquisire con l’intento di porre fine all’inganno: ebbene, egli acconsentì senza batter ciglio ed anzi con gioia, ma non fu rinvenuto alcunché. Con l’ulteriore beffa che questa sceneggiata decretò la resa definitiva degli ormai annichiliti Maestri.

     Come per un progetto superiore, anche il torneo si adeguò all’atmosfera, giungendo a conclusione per l’appunto durante la perquisizione: con 5,5 punti su 6 si laureava Campione Regionale 2016 il FM Artem Gilevych. Terza affermazione per Gilevich, curiosamente vincitore negli anni pari (già nel 2012 e nel 2014). Egli confermerà lo splendido stato di forma la settimana successiva, con una performance oltre i 2500 punti Elo nella massima serie del Campionato Italiano a Squadre, disputata tra le fila del Circolo Scacchistico Bolognese.


figura 8.  il campione, A. Gilevich

    A completare il podio: al secondo posto il presidente del suddetto circolo il M Giulio Calavalle (che così giungeva ad una manciata di punti dalla quota di FM) ed al terzo il FM Maurizio Brancaleoni.

   Nono posto il campione uscente FM Andrea Malfagia. Campionessa regionale femminile Silvia Scarpa.

Nelle foto:


9. il secondo classificato, G. Calavalle

10. il terzo, M. Brancaleoni

 

    Ma degli eroi della scacchiera e della fase di premiazione si curavano veramente in pochi: l’attenzione generale era concentrata sulla scena che si svolgeva nell’atrio. Qui il signor Trömbhon, meditando vendetta, aveva appena finito di ricomporsi dalla scandalosa perquisizione subita; guardando con sfida i Maestri li apostrofò: 
   “Lor signori comprenderanno bene come, secondo il codice dei gentiluomini, in altri tempi tutto ciò avrebbe richiesto come riparazione un duello, ma, sebbene i luoghi siano ideali a tal fine, mi accontenterò che pubblicamente, voi Maestri, mi chiediate la cortesia di somministrarvi una lezione privata di tecnica scacchistica”.

    Le condizioni furono mestamente concordate: venne individuata una stanza in fondo all’ala ovest, detta «degli amanti», perché pare in passato predisposta per incontri particolarmente accesi, e fissato il compenso per la lezione.

    Non ci giurerei, ma mi sembrò di cogliere un rapido sguardo d’intesa tra l’arbitro Manteraña ed il FM La Place. Ad ogni modo, entrambi furono i primi a riaversi dallo choc: il primo si precipitò ad una finestra che si affacciava sul prospetto principale, iniziando a gesticolare forsennatamente, mentre il secondo si preoccupava di raccogliere la cifra pattuita. Intanto il signor Trömbhon si godeva il proprio trionfo su tutti i fronti: la folla si apriva muta ed ossequiosa al suo passaggio, ma alcuni più audaci lo trattenevano per strappargli un autografo. Trascorsero alcuni minuti, prima che egli riuscisse a liberarsi di quel piacevole abbraccio ed avviarsi, tronfio, verso la fatidica sala. Pare che, durante la solenne camminata di avvicinamento, egli mormorasse sorridendo: nemo profeta in patria.

    E poi? Ahi quanto a dir qual era è cosa dura, che nel pensier rinova la paura!

    Lo scomodare il vate Dante non vi sembri esagerato, ma, perdonatemi, davvero non oso raccontarvi cosa accadde nella «stanza degli amanti»: ad attendere il signor Trömbhon per la lezione c’erano, ben imbeccati, quattro energumeni della  sicurezza.

    
Dall’inviato: SANDRO GRAZIANO MAGGIO



nota del redattore: Tratto da una storia vera (Campionato Regionale Assoluto 2016 Emilia-Romagna) con delle sfumature che rasentano l'autobiografia, i fatti, i personaggi e i nomi sono frutto di pura fantasia.

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